Nel silenzio del sepolcro un grido di dolore si alza dalla scuola italiana: ascoltiamolo!

03.04.2021 17:10

In questo Sabato Santo, giorno di silenzio e smarrimento, mentre ci interroghiamo su come sarebbe la nostra vita senza Dio, vorrei dar voce a quella realtà che in Italia è sempre più usata, abusata e sempre meno ascoltata: la scuola. Ormai la scuola non ha più voce, parole, speranza… e tace. E la causa di questa situazione non è certo il Covid 19, non sono i banchi con o senza rotelli, non sono i finanziamenti, non è la pur scandalosa disparità di trattamento tra scuola pubblica statale e scuola pubblica paritaria (per la quale si sta battendo con grande coraggio suor Anna Monia Alfieri). No! La scuola sta morendo senza che i più se ne accorgano, perché si è trasformata in una industria, il dirigente in un manager, sepolto dalla pesante burocrazia e i docenti in esecutori di regole, principi, indicazioni, prescrizioni sempre più lontane dalla vita reale.

In una parola la scuola, i docenti, le famiglie e soprattutto i nostri ragazzi, chiedono ed esigono una maggiore autonomia nel rispetto della loro inviolabile dignità. Negli ultimi decenni la dignità della funzione docente è stata aggredita e umiliata in molti modi: vi pare possibile che un consiglio di classe con la dirigente non possa intervenire autonomamente, coinvolgendo le famiglie e gli alunni, sul programma, sul curricolo o sugli orari… Nulla. Tutto è rigido e tutto deve essere fatto senza tener conto degli alunni. Alla scuola Primaria e alla secondaria di primo grado, dai 6 ai 14 anni, tutti gli alunni d’Italia hanno le stesse materie, le stesse ore, gli stessi programmi e sempre tutto deve avvenire a classe intera, senza possibilità alcuna di personalizzare e differenziare, creando per esempio piccoli gruppi di interesse, di recupero, potenziamento. Non si riesce ancora a capire, ciò che è appare chiaro in gran parte delle nazioni europee, che il tempo nel quale un alunno vive nella sua classe non coincide con il tempo in cui resta nella scuola. Ci possono essere proposte personalizzate a piccoli gruppi sempre all’interno del tempo scuola ma non per forza da vivere con lo stesso gruppo classe.

Le classi sono formate con alunni di diversi livelli culturali e sociali e questa eterogeneità è una grande ricchezza ma non può essere l’unica modalità di insegnamento e di apprendimento, come avviene nella gran parte dei casi oggi in Italia. In questa situazione chi è molto bravo rischia di annoiarsi e di non attivarsi pienamente per progredire ancora, ed è così che perdiamo per strada le eccellenze. Chi invece è meno capace in una data disciplina, rischia di perdere la motivazione, la stima in se stesso e di scoraggiarsi. In questa situazione tutta la responsabilità viene scaricata sulla famiglia, l’unica in grado di fare la differenza.

Così nasce un’altra forte spinta alle diseguaglianze: i figli di famiglie ricche, infatti, possono permettersi di pagare docenti di recupero e i genitori con un buon livello culturale possono sostenere i figli, migliorando le loro prestazioni.

 

Se un tempo la scuola in Italia è stata un importante “ascensore sociale” che permetteva alle nuove generazioni di raggiungere uno stato sociale più elevato – rispetto a quello di provenienza, oggi al contrario conferma e spesso peggiora il livello di partenza. Tutto questo avviene con grande dolore e smarrimento di tutti coloro che operano nella scuola, docenti, alunni, famiglie. I docenti soprattutto sono mandati in prima linea senza gli strumenti adeguati.

Vorremmo una scuola che permetta ai genitori di essere “genitori” e non “piccoli maestri”; agli alunni di veder riconosciuto il valore del loro punto di partenza in un percorso che sappia far risaltare le loro buone qualità e li faccia progredire verso le competenze sperate. Sembra paradossale ma spesso oggi l’unica possibilità che i ragazzi hanno per ottenere un percorso personalizzato, che dovrebbe essere semplicemente un loro diritto, è quello di farsi riconoscere portatori di una qualche patologia, disabilità, disturbo, svantaggio. Sembra incredibile, l’unico modo in cui la scuola può rispettare il percorso personale dell’alunno è quello di sminuirlo, colpevolizzarlo. Inclusione significa cambiare la situazione affinché tutti si sentano a proprio agio e possano dare il meglio di sé. Occorre per fare questo agire in autonomia su programmi, orari, strutture. In questa situazione coloro che pagano un prezzo grandissimo in termini di vita, vocazione, senso… sono i docenti che non possono più accettare di essere semplicemente dei terminali di una catena di comando, sepolti dalla burocrazia e da regole lontane dalla vita reale: non vogliamo fuggire le nostre responsabilità educative, culturali e sociali, anzi su questi temi chiediamo maggior autonomia e fiducia. Ridateci il nostro ruolo, fidatevi di noi, nella nostra capacità di costruire percorsi in un dialogo educativo fecondo con le famiglie.

La nostra proposta è quella di dividere il tempo scuola in:

  • tempo scuola obbligatorio, offerto a classe intera, con una proposta uguale per tutta la classe, quello che oggi assorbe tutte le risorse di alunni e docenti, al di là di alcune ore che i docenti devono recuperare;
  • tempo scuola obbligatorio, offerto a gruppi di alunni delle diverse classi, scelti dai docenti in un confronto con i genitori, tenendo conto delle potenzialità, delle carenze, degli interessi degli stessi studenti. In questi gruppi potranno essere proposte le stesse discipline ma per recupero o potenziamento. In questo spazio potranno essere offerte anche ore di tutoraggio per recupero motivazionale.

A questo aggiungiamo un tempo scuola facoltativo, ancora a gruppi, per lo studio, i compiti, le attività sportive… in stretta collaborazione con il territorio, l’Amministrazione comunale, le Parrocchie, gli Oratori e le Associazioni.

Da diversi anni il Centro Culturale don Mazzolari chiede di mettere mano a una riforma della scuola nell’ottica di una maggiore attenzione agli alunni, alle loro famiglie e ai docenti.

Se condividi la nostra lettura e la nostra proposta unisciti a noi e forse, insieme, riusciremo a rivitalizzare questo gigante addormentato e sofferente.

 

Mauro Mangiarotti docente e presidente del Centro Culturale don Mazzolari (www.centroculturaledonmazzolari.it – centroculturaledonmazzolari@gmail.com)